10 Anni di Facebook

LA STORIA
Negli anni sono aumentati gli accessi dal telefonino ed è scoppiato il feeling con le persone di terza età Il fenomeno è ancora più evidente in Italia: gli over 56 sono passati da 12mila a oltre due milioni
I 10 anni di Facebook il social dei teenager che ora ha conquistato persino i nonni

RICCARDO LUNA
Poche storie, Facebook ha vinto. Il suo fondatore, Mark Zuckerberg, con 24 miliardi di dollari guadagnati a 29 anni, è diventato il più giovane riccone del mondo e continua a farsi fotografare con la felpa grigia col cappuccio come quando si trasferì nel quartiere universitario di Palo Alto, nel 2005, e si aggirava per gli uffici della Silicon Valley con i sandali infradito e un biglietto da visita con la scritta “I’m CEO, Bitch.
Sono un amministratore delegato, puttana!”. Il titolo azionario, che pure il 18 maggio 2012 partì a picco fra i lazzi di tanti sapientoni analogici, oggi a Wall Street ha un
market cap, una capitalizzazione, di 138 miliardi di dollari e se continua così diventerà la società che, nella storia, ha raggiunto il tetto dei 150 miliardi nel più breve tempo dalla quotazione in Borsa (il record è di Google, tre anni). E tutto ciò perché questo social network che tanti hanno snobbato, deriso, criticato, preconizzandone la prossima, imminente, inevitabile fine, è entrato nelle nostre vite forse più di ogni altro pilastro del web. Persino più di Google per certi versi. La differenza con il motore di ricerca è semplice e segna un passaggio epocale del web: dalla rete di computer degli inizi alla rete di persone di oggi. Il famoso web 2.0. Insomma siamo noi che abbiamo reso Facebook quel che è diventato mettendoci dentro le nostre vite, i nostri cambi di umore, le nostre foto, e addirittura i nostri sentimenti se un
like si può in qualche modo avvicinare ad uno stato emotivo. La fine della privacy, di cui tanto si parla giustamente con preoccupazione, ha un inizio preciso: la notte del 4 febbraio 2004, quando questo sito venne messo online da un personal computer di un dormitorio di Harvard.
Oggi che si festeggiano i dieci anni esatti da quel primo clic, oggi lo possiamo dire senza timore di passare per esagerati: noi siamo diventati (anche) Facebook e Facebook è diventato un pezzetto della vita quotidiana di molti di noi (non tutti, certo: un miliardo e 230 milioni, un essere umano su cinque). E se a qualcuno tutto ciò sembra una sparata tecno-entusiasta, replicate con due esempi. Ogni secondo vengono aggiunti 41 mila aggiornamenti di status. Provate a visualizzarlo: ogni secondo, 41 mila persone raccontano come stanno. Di più: lo scrivono, lo dicono agli amici, lo immortalano per i posteri. E ogni minuto esprimiamo 1.8 milioni di “mi piace” (l’unico che regge il confronto in questo è Google, con 2 milioni di ricerche al minuto).
Tutto ciò può piacere (no, non serve cliccare) o non piacere ma è esattamente il motivo per cui Facebook ha vinto. Anzi, ha stravinto. Ma per riuscirci è cambiato. Ha cambiato pelle tante volte. Ha inserito molti nuovi servizi (e la metà li ha cancellati in fretta perché non funzionavano: è la cultura hacker, “prova e se non va cancella e riprova”); si è adeguato al fatto che oggi la maggior parte delle persone va su Internet con il telefonino e non con il personal computer (questa storia per molti esperti doveva essere la tomba di Facebook: “Zuckerberg non riuscirà mai a monetizzare gli accessi mobile”, si diceva. E invece il 29 gennaio scorso è stato annunciato che per la prima volta i ricavi pubblicitari da mobile e tablet hanno superato quelli da pc; merito, va detto, del suo braccio destro, la tostissima Sheryl Sandberg).
Ma il vero cambiamento è un altro. È un qualcosa di più profondo. Il social network inventato da un teenager in crisi amorosa, è diventato indispensabile per i nonni. Sì, i nonni. Le generalizzazioni sono sempre sbagliate ma ha molto senso dire che oggi più che un luogo dove rimorchiare la compagna di banco, Facebook è uno strumento utilissimo per combattere la solitudine della terza età (e per il marketing delle aziende ovviamente). In qualche misura lo dicono anche i dati. Da qualche mese ormai si dice che gli adolescenti preferiscano altre forme di comunicazione istantanea tipo whatsapp. In parte è vero, e lo conferma l’inutile corte serrata che Zuckerberg ha fatto per comprare il servizio di condivisione di foto che scompaiono in fretta, Snapchat (tre miliardi di dollari non sono bastati).
Ma non c’è una fuga dei giovani da Facebook. C’è al contrario un innamoramento degli “anziani”. È un fenomeno mondiale ma la cosa è ancora più evidente in Italia che non a caso è uno dei pae- si con la popolazione più anziana del mondo. Ebbene, secondo i dati dell’osservatorio del blogger Vincenzo Cosenza, nel 2008, quando c’erano un milione di utenti italiani, il 40 per cento aveva meno di 24 anni. Oggi che gli utenti sono 26 milioni quella percentuale è scesa al 29 per cento e la fascia di età più rappresentata è quella tra 36 e 45 anni (21 per cento). Ma il dato più interessante è un altro: nello stesso periodo gli over 56 sono passati da 12 mila a due milioni 236 mila. Insomma, nella fascia di età in cui gli italiani di solito non usano la rete, più di due milioni di persone hanno “scoperto” il web grazie a Facebook che quindi ha involontariamente svolto un lavoro incredibilmente utile nel combattere l’analfabetismo digitale. Tutto ciò è avvenuto in un paese dove non si è persa mai una occasione per lanciare grida d’allarme contro Facebook: dal 2008, quando il presidente del Senato diceva che qui si alimentava una cultura dell’odio simile al terrorismo degli anni ’70, ad oggi l’atteggiamento di gran parte della classe dirigente non è molto cambiato. Si confonde il fatto che se qualcuno apre un gruppo per inneggiare a Totò Riina non è colpa della rete ma del fatto che in Italia c’è ancora la mafia per esempio. Eppure, in questo clima, Facebook ha resistito. Ha sbancato. E l’impressione è che durerà ancora a lungo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *