Ricostruiamo la Terra

IL PERSONAGGIO
La scommessa di Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fondo per l’Ambiente italiano Al centro della rinascita c’è il ruolo dell’agricoltura. “Offre anche nuove opportunità di lavoro”
La Signora del Bio: così sfido chi vuole distruggere la Terra
GIOVANNI VALENTINI
«Sono molto preoccupata, la situazione è grave e angosciante ». Forte dei suoi novant’anni, Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fai (Fondo per l’ambiente italiano), non nasconde il proprio stato d’animo e lancia l’allarme sul degrado del Belpaese, sul dissesto del territorio, sui pericoli che minacciano il nostro patrimonio naturalee paesaggistico.
In ordine di priorità, c’è un primo problema da affrontare?

«Non ho dubbi: il dissesto idrogeologico, prodotto da una cementificazione selvaggia che ha consumato il territorio, alterato la campagna e l’agricoltura, compromesso la stabilità delle montagne, distrutto le coste marine, a causa degli enormi interessi della mafia e dei costruttori. Altro che Grandi Opere, ponte sullo Stretto, Tav e autostrade!».
Che ruolo può svolgere l’agricoltura in questo risanamento?
«Un ruolo assolutamente centrale. L’agricoltura collega tutta la filiera della vita collettiva: l’ambiente, il paesaggio, la produzione di cibo, l’alimentazione, la famosa dieta mediterranea, la salute, il turismo. E nella crisi epocale che abbiamo di fronte, è in grado anche di combattere il dramma della disoccupazione, offrendo nuove opportunità di lavoro».
Di che cosa c’è bisogno per rilanciare l’attività agricola in Italia?
«In attesa della nuova Pac europea, la politica agricola comune che però — ahimè — pare voglia diminuire i compensi agli agricoltori, bisogna innanzitutto snellire la burocrazia. Gli agricoltori perdono i tre quarti del loro tempo a fare pratiche su pratiche. Poi, occorre sostenere economicamente la produzione dei nostri straordinari prodotti locali, attraverso sgravi fiscali sul lavoro dipendente e magari con l’imposizione di dazi doganali (anche se mi dicono che per questo ci sono difficoltà): non possiamo continuare a importare aglio dalla Cina, pomodori dal Marocco o kiwi dalla Nuova Zelanda! E un ulteriore impulso va dato all’agricoltura biologica che può consumare meno acqua, evita gli additivi chimici o i diserbanti e così salva la biodiversità tanto necessaria per l’equilibrio dell’ambiente».
Ma il bilancio statale va tagliato e le risorse mancano…
«Si possono diminuire le spese militari; ridimensionare i finanziamenti ai partiti; ridurre gli stipendi ai manager e agli alti funzionari pubblici; combattere con maggiore efficacia e coraggio l’evasione fiscale; gestire meglio le grandi aziende di Stato. Ricordo il caso dell’Alitalia: la vendita all’Air France, predisposta dal mio amico Prodi, fu bloccata da Berlusconi in nome dell’italianità e adessol’azienda è al collasso».
Qual è, in concreto, l’alternativa alle Opere pubbliche?
«I politici si dimenticano sempre che esiste il pericolo dei terremoti e che bisogna mettere a posto tutta l’Italia che si sta sgretolando! E ci vorranno anni, per ristabilire un corretto assetto del territorio, migliorare l’equilibrio idrogeologico, evitare le frane. Non possiamo ridurci a fronteggiare le emergenze. Bisogna prevenire e pensarepiù al futuro che all’oggi».
Da dove deve partire questo programma di prevenzione?
«Dovrebbe cominciare dalle montagne. Se si continuano a costruire dovunque strade, case, ville e villette sui greti dei fiumi, è la fine. È proprio questa valanga di cemento che provoca il dissesto, l’alterazione o la deviazione dei corsi d’acqua cementificati. Poi bisogna curare i boschi per impedire gli incendi, conservare i muretti a secco e tagliare regolarmente i prati. Altrimenti, il terreno non assorbe più l’acqua e questa scivola a valle, provocando continui smottamenti e distruggendo interi quartieri e villaggi».
Oltre all’agricoltura, su quali altri settori — secondo lei — è opportunopuntare?
«In primo luogo, sull’artigianato che ormai sta morendo. Prendiamo i restauri alla Villa Reale di Monza: lì è stato necessario reclutare un esercito di pittori, stuccatori, parquettisti, mobilieri…In questo campo, c’è tanto lavoro da fare, alimentando nello stesso tempo l’occupazione e il turismo che resta pur sempre la nostra pri-ma industria nazionale. Ma chi parla mai dell’artigianato?».
Anche qui, però, mancano i fondi che sarebbero necessari.
«Quello sui Beni culturali è un investimento, non una spesa. Sappiamo tutti che Pompei crolla, per un difetto di manutenzione e anche per la mancata regolamentazione delle acque. E così tanti palazzi, edifici, monumenti in tutt’Italia. Allora io dico agli ambientalisti “duri e puri”: lasciamo che anche i privati provvedano o partecipino al restauro dei beni pubblici, sottoponendo però ogni intervento a regole e controlli ferrei da parte del ministero».
A questo proposito, il nuovo ministro Massimo Bray ha appena diffuso un documento programmatico, fitto di proposte e di progetti…
«Mi compiaccio con lui per tutte queste belle idee sul recupero dei Beni culturali e del paesaggio. Ma mi rallegrerò ancor più quando s’impegnerà a rifondare il suo ministero che è stato volutamente distrutto dai precedenti governi, senza il quale non si potrà maiesercitare un’effettiva tutela in Italia. Per me, gli ultimi ministri dei Beni culturali sono stati Veltronie Rutelli».
E dei due nuovi ministri dell’Ambiente e dell’Agricoltura che cosa pensa?
«Non so, francamente, se siano le persone più adatte e se conoscano a fondo le rispettive materie. Vedo però che spesso i ministri non vengono scelti in base alle proprie competenze, ma in funzione dell’appartenenza a un partito o a una corrente. Si dovrebbe consigliare loro di circondarsi di grandi esperti, qualificati e capaci ».
In questa “catena” che collega agricoltura, ambiente e turismo, quali sono oggi le minacce che la preoccupano di più?
«Sono numerose: per esempio, le trivellazioni petrolifere che stanno perforando il territorio italiano e anche i nostri mari. Alla ricerca di qualche goccia di “oro nero”, stiamo compromettendo l’immenso tesoro naturale e paesaggistico di cui disponiamo. Oggi a rischiare di più sono l’Abruzzo, la Puglia con le Isole Tremiti, la Basilicata e la Sicilia. E le perforazioni danneggiano sia la pesca sia il turismo. Ma questo non è, purtroppo, l’unico pericolo».
A che cos’altro pensa?
«Penso con angoscia e orrore a quelle grandi navi, da crociera o da trasporto, che sempre più numerose attraversano la Laguna di Venezia, fino a impedire la vista da piazza San Marco. Ora sento parlare anche di una piattaforma d’altura per far attraccare le petroliere a otto miglia al largo della bocca di Malamocco e sono ancora più preoccupata. Tutto per favorire più lauti guadagni. Questa è un’area tanto delicata che qualsiasi incidente può provocare un disastro ecologico di proporzioni catastrofiche».
Signora Crespi, per concludere: come si può far crescere una sana cultura ambientalista in Italia e, più in generale, nel mondo di oggi?
«Se l’uomo non riscopre valori etici e spirituali, si riduce a inseguire i propri piccoli interessi, locali o personali. In questo buio che ci circonda, vedo ora uno squarcio nell’avvento di Papa Francesco: a cominciare dalla scelta del nome, il santo che predicava ai fiori; colloquiava con le messi e con le vigne; parlava agli animali e perfino alle cicale; ammansiva i lupi. Ecco, se potessi, oserei pregare il Papa di rivolgere un discorso, un appello, un intervento, per richiamare credenti e non credenti al rispetto e alla tutela della nostra Madre Terra e del patrimonio naturale che appartiene a tutti gli essere umani. Mi permetto di chiedere attraverso il Santo Francesco, mio “guru” da sempre, di trasmettere al Papa questa supplica».
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